GIOCOBBE GENESI 32:24-30

La notte di angoscia di Giacobbe quando in preghiera lottò per essere liberato dalle mani di Esaù Genesi 32:24-30

24 Giacobbe rimase solo e un uomo lottò con lui fino all'apparire dell'alba; 25 quando quest'uomo vide che non poteva vincerlo, gli toccò la giuntura dell'anca, e la giuntura dell'anca di Giacobbe fu slogata, mentre quello lottava con lui. 26 E l'uomo disse: «Lasciami andare, perché spunta l'alba». E Giacobbe: «Non ti lascerò andare prima che tu mi abbia benedetto!» 27 L'altro gli disse: «Qual è il tuo nome?» Ed egli rispose: «Giacobbe». 28 Quello disse: «Il tuo nome non sarà più Giacobbe, ma Israele, perché tu hai lottato con Dio e con gli uomini e hai vinto». 29 Giacobbe gli chiese: «Ti prego, svelami il tuo nome». Quello rispose: «Perché chiedi il mio nome?» 30 E lo benedisse lì. Giacobbe chiamò quel luogo Peniel, perché disse: «Ho visto Dio faccia a faccia e la mia vita è stata risparmiata».

Per aver sottratto con l’inganno la benedizione paterna destinata a Esaù. Giacobbe era dovuto fuggire di casa per salvare la propria vita, allarmato dalle minacce di morte da parte del fratello. Dopo molti anni di esilio aveva deciso su ordine di Dio di ritornare nella terra natia insieme con le mogli, i figli, ed il bestiame. Giunto alla frontiera del paese rimase terrorizzato dalla notizia che Esaù si dirigeva verso di lui alla testa di un gruppo di uomini armati, indubbiamente animato da propositi di vendetta. Coloro che erano con Giacobbe disarmati e indifesi sembravano sul punto di cadere vittime della violenza e della strage. Al peso dell’ansia e del timore si aggiungeva quello del rimprovero che egli faceva a se stesso perché era stato il suo peccato a provocare quella situazione. La sua unica speranza era la misericordia di Dio e la sua sola difesa era la preghiera. Allontanata la sua famiglia perché non fosse testimone della sua angoscia, Giacobbe rimane solo per intercedere nei confronti di Dio. Egli confessa il suo peccato e riconosce con gratitudine la misericordia di Dio. Nelle tenebre e nella solitudine Giacobbe continua a pregare e chiedere perdono a Dio. Improvvisamente una mano si posa sulla sua spalla, Giacobbe credendosi assalito da un nemico lotta con l’assalitore con tutta la forza della disperazione. Quando spunta l’alba, lo straniero usa la sua forza sovrannaturale e al suo tocco Giacobbe è come paralizzato, cade, piange, supplica, abbandonato sul collo del suo misterioso antagonista Giacobbe capisce che è un Angelo che ha lottato proprio con lui. Il rimorso ed il turbamento lo hanno tormentato,ora vuole avere la certezza di essere stato perdonato, il visitatore divino sembra in procinto di andarsene ma Giacobbe allora si aggrappa a Lui e lo supplica di benedirlo, (se fosse stato un Angelo non poteva benedirlo, solo Gesù lo poteva fare essendo Dio). L’Angelo insiste lasciami andare che spunta l’alba. Ma Giacobbe esclama “Non ti lascerò andare prima che tu mi abbia benedetto “ . Quanta fiducia, quanta fermezza, e quanta perseveranza. Lottò con l’Angelo e restò vincitore…. (Osea 12:5) . Mediante l’umiliazione, il pentimento e la resa del proprio io, portò la vittoria nella lotta contro la maestà del cielo.Egli aveva afferrato tremante le promesse di quel Dio che non poteva negare il suo amore infinito ad un peccatore pentito. Come dimostrazione del fatto che era stato veramente perdonato il suo nome venne cambiato, affinché non portasse più dentro di se il ricordo della colpa, ma quello della vittoria. L’Angelo gli disse:” il tuo nome non sarà più Giacobbe ( colui c’è soppianta) ma Israele poiché tu hai lottato con Dio e  con gli uomini e hai vinto.

Giacobbe aveva ricevuto la benedizione tanto desiderata. Non temeva più suo fratello lo stesso Dio che aveva perdonato i suoi peccati avrebbe spinto Esaù ad accettare l’umiliazione ed il pentimento del fratello. Mentre Giacobbe lottava con l’Angelo Esaú ricevette un altro messaggero: vide suo fratello che per 20 anni era vissuto lontano da casa, vide la sua angoscia, mentre gli comunicava la morte della madre. Lo vide circondato e protetto dagli eserciti del Signore. Raccontò il sogno ai suoi soldati e ordinò di non fare del male a Giacobbe, perché il Dio di suo padre era con lui. 

I due fratelli finalmente si incontrarono, Giacobbe appoggiato ad un bastone si avviò verso i soldati. Era debole per la lotta, camminava con fatica, fermandosi ad ogni passo, ma il suo volto era sereno e felice. Esaù gli corse incontro, l’abbracciò, gli si gettò al collo, lo baciò e piansero.

Genesi 33:4

Il segreto della forza di Giacobbe era proprio la sua fragilità.

L’esperienza di Giacobbe durante quell’esperienza di angoscia rappresenta la prova che il popolo di Dio dovrà affrontare prima del ritorno di Cristo. Il profeta Geremia contemplando una scena di questi eventi  della fine disse: 

Geremia 30:5-7

5«Così dice il Signore:
Si ode un grido di spavento,
di terrore, non di pace.
6Provate a vedere se un maschio può partorire.
Perché allora vedo tutti gli uomini
con le mani sui fianchi come una partoriente?
Perché ogni faccia è stravolta, impallidita?
Ohimè! 7Grande è quel giorno,
non ce n'è uno simile!
Sarà un tempo di angoscia per Giacobbe,
ma ne uscirà salvo.

Questo tempo di prova inizierà quando il Cristo avrà completato la sua opera di mediazione in favore dell’uomo. Allora il destino di ogni uomo sarà deciso e non ci sarà più nessuna possibilità di pentimento. 

Apocalisse 22:11 

11 Chi è ingiusto continui a praticare l'ingiustizia; chi è impuro continui a essere impuro; e chi è giusto continui a praticare la giustizia, e chi è santo si santifichi ancora».

Allora lo Spirito di Dio si allontanerà dalla terra , e come Giacobbe fu minacciato di morte dal fratello il popolo di Dio sarà in pericolo perché l’umanità ostile a causa del male cercherà di annientarlo. Così come Giacobbe combattè tutta la notte per ottenere la liberazione da Esaù così il giusto griderà a Dio giorno e notte per essere liberato dai nemici che lo circonderanno. Questa sarà l’esperienza di fede del popolo di Dio come suo potere li libererà. Satana cercherà di intimorire i credenti inducendoli a pensare che i loro peccati sono troppo gravi per essere perdonati. Essi si sentiranno indegni, però la consapevolezza della grande bontà di Dio ed il loro sincero pentimento li spingeranno ad invocare le promesse fatte ai peccatori tramite il Cristo,la loro fede non svanirà. Si aggrapperanno alla potenza di Dio proprio come Giacobbe afferrò l’Angelo e nell’intimo diranno “ non ti lascerò andare prima che tu mi abbia benedetto “.

Oggi dobbiamo imparare a pregare con perseveranza per sviluppare una fede che non ammette cedimenti. Le più grandi vittorie le abbiamo ottenute attraverso una preghiera perdonate, a tu per tu con il nostro Dio, una preghiera intima con il nostro Signore, animata da una fede appassionata e tenace capace di afferrare il potente braccio di Dio.  

Luca 18: 7-8   “Dio non renderà dunque giustizia ai suoi eletti che giorno e notte gridano a lui? Tarderà nei loro confronti? 8 Io vi dico che renderà giustizia con prontezza. Ma quando il Figlio dell'uomo verrà, troverà la fede sulla terra?»”

Commento preso dal libro “Patriarchi e Profeti “ di Ellen White.



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